Sara e Mauro sono i vertici alla base di un triangolo che non sapevano nemmeno esistesse; friulana lei, milanese lui, si incontrano nel vertice di quel triangolo che inconsapevolmente li ha sempre tenuti collegati, a Parma. Era il 2014. Dopo aver appreso l’arte della viticoltura rigenerativa in Nuova Zelanda, tornano in Italia, alla ricerca di un terreno dove poter coltivare la loro uva e fare il loro vino. È il 2017 quando la coppia ha una vera e proprio folgorazione sulla via di Damasco: sulle colline dietro Savona, a Orco Feglino, scoprono questo piccolo gioiello nascosto tra le pareti di roccia. Una vigna centenaria in mezzo al bosco di castagni, con viti disposte su 29 terrazzamenti e allevate ad ambrustin , struttura realizzata in pali di castagno grezzi legati tra loro con rami di salice. Qui, a 300 metri d'altitudine, su terreni in prevalenza di sabbia e limo, cresce la Lumassina; varietà autoctona a bacca bianca molto complessa, notevolmente acida, che nel vino poi “fa salivare”, come i vini che piacciono a Sara e Mauro. In cantina, che si trova a Carcare, in Val Bormida, la Lumassina riposa in legno; “come una volta, quando vinificavano la Lumassina nel legno di castagno”, spiega Sara. Una realtà celebrativa della volontà di conservare e valorizzare quello di prezioso che, di punto in bianco, irrompe nelle nostre vite.