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Biologico e Biodinamico
Bottiglie da Collezione
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55,97€
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Tutti i prezzi includono IVA
Siamo in Val Susa, a 700 metri di altitudine, su quel poco noto versante occidentale del Piemonte che lambisce il confine Francese. Qui, lontano dai riflettori, Stefano Turbil dal 2005, anno di fondazione dell’azienda, è riuscito con grandi sacrifici a salvare dall’inclemenza dell’abbandono due vitigni locali, Avanà e Becuet, lavorando a mano in vigne che arrivano a 80 anni di età, recuperando i tradizionali terrazzamenti, muovendosi con dedizione e cautela in un territorio antico da accudire preservare. L’approccio di Stefano è volto alla conservazione, consapevole dei sottili equilibri alla base di questo delicato ecosistema, ed esclude quindi l’utilizzo della chimica in vigna e prevede vinificazioni poco invadenti, in grado di lasciar parlare I vini nella loro espressione più genuina.
Note gustative
L’avanà prodotto da Stefano Turbil è un vino affascinante, sia per il carico di storia che cela, sia per l’unicità di questo vino di montagna. Si presenta nel bicchiere in un luminoso rubino chiaro, regalando sensazione eteree di fiori e piccoli frutti rossi succosi. Il sorso è leggiadro, scandito dalla fresca acidità e dal finale piacevolmente ammandorlato, che richiama il sorso, rendendolo un vino perfetto per una serata di convivio tra amici.
Stefano Tubli è un perito agrario che si è imposto una sfida: aprire una cantina nella difficile Val di Susa, a 700 metri di altitudine, una viticoltura che rientra a pieno titolo nella definizione di “estrema”. La sua “La Chimera” nasce nel 2005 a Chiomonte, a confine con la Francia, con tre ettari di vigneti ricavati da antichi terrazzamenti che producono varietà autoctone come l'Avanà, il Gamay, la Barbera o il Dolcetto ma anche Traminer o il Syrah, perfettamente integrati nel contesto pedoclimatico locale. L’approccio in produzione è minimalista, tutto volto alla celebrazione della sua terra - non solo attraverso i suoi vini ma anche attraverso la stessa voce di Stefano, che lavora instancabilmente per dare risalto a un territorio prezioso che rischia sempre di essere dimenticato.
